lunedì 21 marzo 2011

La breve storia di un incantesimo (prologo)

Per strada, incontrai un altro viandante. Lui viaggiava da immemorabile tempo, sicuramente, da molto più di me. Infatti aveva lo sguardo stanco, la schiena curva e un silenzio impenetrabile. Quando gli chiesi dove stesse andando, finalmente alzò gli occhi e mi disse: "io vengo soltanto da molto lontano". E io capii che, dovunque fosse diretto, anche lui viaggiava dalla parte sbagliata.
Ci mettemmo a parlare, per mesi e mesi, chilometri e chilometri. Io nella mia lingua, lui nella sua. E una volta accadde un prodigio. Forse fu perché decidemmo di capirci intimamente, o perché casualmente parlammo delle stesse cose ma con parole diverse. Fatto sta che il prodigio accadde e in un attimo le nostre voci di fusero in una, illuminando la notte. Chi assistette, restò abbagliato e muto. Sgomento e affascianto. E comprese cose che non aveva mai potuto comprendere prima. Fu l'incontro di due passati e di due dolori.
Poi un giorno, pur seguendo la stessa dannata direzione, le nostre strade si divisero. Io, prima di andare, gli chiesi in regalo un po' della sua lingua, per provare a fare di nuovo l'incantesimo di quella notte. E lui, come sempre senza parlare troppo, mi regalò nove gemme di papavero e mi disse: "che tu possa, con queste, avere abbastanza luce da guardare più a fondo nella tua storia". Non volli ringraziarlo e neanche salutarlo. Perché chi va dalla parte sbagliata, prima o poi, si ritrova.
Se doveste incontrarlo in questi versi che seguono, sappiate che lui si chiama Mario Gabriele.

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